IERI I CONTADINI OGGI I CLANDESTINI. BRACCIANTI DI SEMPRE.
Stiamo
seguendo con attenzione quello che sta succedendo in Calabria a
Rosarno, dove una fetta del bracciantato più misero (migrante, non è un
caso ma neanche è detto che sia sempre così ) sta reagendo ad una
situazione inumana di invisibilità che va avanti da anni, nel silenzio
complice delle istituzioni.
Impossibile
infatti non osservare come l’attuale stato di leggi vigenti (a partire
dalla Turco-Napolitano, passando per la Bossi-Fini, fino ad arrivare al
recente pacchetto sicurezza-reato di immigrazione clandestina) miri a
mantenere lo status quo nella maniera più assoluta, cioè a mantenere i
lavoratori migranti in uno stato di totale ricattabilità, a totale
appannaggio dell’apparato produttivo del paese. Il problema è ancora
più grave nelle campagne del Sud, dove questo processo si è innestato
su fenomeni caporal-mafiosi, nella più totale assenza di un sindacato
capace e dove il vuoto di memoria storica formatosi ha portato la
storia indietro di due secoli, cancellando diritti conquistati grazie
alle lotte (e a centinaia di morti) condotte dai braccianti e dai
contadini del Sud. Ed
eccoci ancora qui, alle lotte contadine. Anche il secolo scorso i
contadini in rivolta erano trattati come delinquenti, bestie, ladri e
assassini. Briganti.
Oggi a Rosarno la storia si ripete. Al posto dei braccianti del Sud
Italia ci sono i braccianti del Sud del mondo. I caporali sono gli
stessi, la mafia è la stessa, lo sfruttamento è lo stesso. La
repressione è la stessa. La storia si ripete e Maroni dichiara che
"troppa tolleranza con i clandestini" (un secolo fa avrebbero detto
“troppa tolleranza con i contadini ” ) ha provocato questo stato di
cose, di degrado e di rivolte, omettendo il fatto che la gran parte
delle aziende agricole del sud Italia rimangono competitive sul mercato
nazionale ed europeo grazie allo sfruttamento e al caporalato, anziché
grazie a investimenti in ricerca e innovazione.
Ma
al contrario dei moti contadini di inizio e metà secolo scorso dove
numerosi intellettuali si erano schierati denunciando il latifondo e le
condizioni disumane dei braccianti del Sud (pensate a Carlo Levi, Rocco
Scotellaro, Manlio Rossi Doria, e tanti altri) dando risalto alla
questione e facendo entrare nella storia italiana quella che sarebbe
stata definita come la "Questione Meridionale", oggi questi nuovi
braccianti sono soli.
Intellettuali
disposti a schierarsi in giro non sappiamo quanti ne siano rimasti. Non
possiamo fare a meno però di pensare che noi come Studenti Universitari
dobbiamo prendere parola.
Fare rete e schierarci. Nelle università nascono e si rigenerano gran
parte delle idee che influenzano la società. Idee "ufficiali", ma anche
critiche e innovazioni "dal basso". Riteniamo per questo significativa
la presa di parola di quanti – studenti ma non solo – agiscono
criticamente e lottano negli atenei.
Aderiamo e sosteniamo le iniziative messe in campo a Milano dalle organizzazioni sociali e antirazziste.
Parallelamente proponiamo a tutti gli studenti/collettivi di esporre
nelle facoltà striscioni di solidarietà con la lotta per la dignità del
bracciantato migrante, aderendo a questo comunicato o scrivendone uno
proprio. E’ un gesto piccolo ma può contribuire a rompere l’isolamento
creato intorno a uomini che la burocrazia considera persone di serie B.
PRESIDIO IN SAN BABILA A MILANO:
*Dossier del collettivo aggiornato sulla questione migranti: DOSSIER_MIGRANTI_DEFINITIVO.pdf .
Chiediamo
a tutti i collettivi di mandarci foto / comunicati per fare vedere che
negli atenei non c’è silenzio attorno a questa vicenda: retazione@libero.it .