Innocenti, Breda, Falck, Magneti Marelli, Pirelli, Alfa Romeo, O.M.,
Sit-Siemens, Borletti… Ci fermiamo qui, ma l’elenco potrebbe andare
avanti a lungo! Questa era la Milano delle fabbriche e degli operai. Una
Milano rude, ma solidale. Una città di conflitti durissimi, ma capace di
progettualità. Una metropoli aperta e vitale…e non livida, impaurita e
rinchiusa in se stessa come oggi. Allora gli immigrati erano i “terun”.
Oggi sono stati rimpiazzati da altri, ma la storia è sempre la stessa.
Facili capri espiatori da additare per tutti i mali perché i veri
responsabili continuino a farla franca. Ma poi si sa… E’ arrivata la
ristrutturazione industriale di fine anni ’70 ed i padroni hanno deciso
di farla finita con quei “rompicoglioni” delle tute blu. Lentamente,
una dopo l’altra, le fabbriche hanno chiuso. Soppiantate da centri
commerciali, call-center, atelier di moda e tanti altri elementi della
famosa “produzione immateriale”. Gli operai sono stati spezzati nella
loro unità e sono scomparsi dalla scena politica. Ovviamente, non hanno
cessato di esistere, visto che di fabbriche, specialmente in Lombardia, ce
ne sono ancora tantissime. Semplicemente non si parla più di loro. Se non
quando muoiono in massa alla Thyssenkrupp di Torino o quando qualcuno di
loro viene arrestato con fantasiose imputazioni da anni ’70. Il mondo del
lavoro è scomparso dal dibattito pubblico, come se la gente per vivere,
avesse trovato modi diversi dal lavoro!
Ma… Ma c’è un ma…